“L’esperienza non è quello che accade ad un uomo; è quello che un uomo fa con ciò che gli accade.”
Aldous Huxley

Di recente mi sono trovata a fare qualche considerazione nei riguardi dei miei apprendimenti a bridge.
Pur continuando a studiare e a dedicare tempo ed impegno al gioco, mi sento in un vicolo cieco. Da qualche tempo non vedo sostanziali miglioramenti nel mio bridge, anzi per assurdo certe volte, provo una sensazione di involuzione.
È già capitato nella mia vita, in altri ambiti e per altri interessi; il momento di impasse, la sensazione di essere in un cul-de-sac, in cui non vedi prospettive future.
Non sento più il rumore delle mie rotelle che girano e provo una sensazione di stallo ogni volta che gioco una partita.
Non influisce sul mio umore vincere o perdere, ho il presentimento di essere arrivata al massimo delle mie capacità e per quanto io mi possa impegnare, niente migliorerà il mio gioco in modo considerevole. Questo spiacevole sentore, ovviamente mi demoralizza, togliendomi la verve ai tavoli.
Da regina della razionalità e dell’incongruenza, ovviamente ho dovuto ricercare e analizzare le motivazioni di queste impressioni; così sono tornata sui miei passi fino al punto di inizio.
Ogni volta che ci cimentiamo in qualche nuova attività di lavoro o svago, ci presentiamo come un candido foglio, pronto ad accogliere tutte le informazioni necessarie per intraprendere il nostro percorso.
Se al primo minuto dedicato al nostro nuovo interesse attribuiamo valore 0, il secondo minuto avrà valore 1, poi 2, 4, 8 e così via.. La crescita della nostra formazione avrà un avanzamento esponenziale.
Facile capire che l’inizio di ogni fatica, sarà ripagato con un esplosione di soddisfazione, dovuto all’apprendimento che aumenta vertiginosamente; ogni volta che dedichiamo tempo alle nostre passioni, le nostre competenze raddoppiano rispetto alla volta precedente.
Galvanizzati da questa situazione, saremo spinti in alto come la curva del nostro grafico immaginario, convinti di poter raggiungere la luna, come il famoso esempio del foglio di carta piegato 42 volte.
La crescita esponenziale però, nel quotidiano ha un naturale e progressivo rallentamento; ed è questo in generale il problema in cui spesso tutti ci troviamo, quando le nostre passioni perdono di vigore.
Dopo i primi periodi in cui le soddisfazioni raddoppiano di pari passo con gli apprendimenti, quando lo sviluppo rallenta fino all’impercettibile, la sensazione che si avverte è di non avanzare più. Inversamente proporzionale di conseguenza, l’adrenalina su cui abbiamo fatto surf con estremo divertimento, azzera l’onda e ci troviamo a doverci spingere a fatica con le mani a cucchiaio.
Anche i rapporti d’amore subiscono frequentemente lo stesso effetto. Tanto che qualcuno si permette di giudicarli come un’infatuazione.
In qualsiasi ruolo noi ci troviamo, anche se da osservatori esterni, non dovremmo mai cadere nella seducente voglia di giudizio. Solo la lunga osservazione permette di poter, non giudicare, ma avere un bilancio dei fatti.
Un rapporto che inizia con un’esplosione di travolgimento e passione, vedrà sicuramente un attenuarsi di ogni manifestazione. Quando tutto si sarà stabilizzato, la sua radice non cambierà di natura, continuerà ad arricchirsi ma in modo più discreto e misurato.
L’elemento che ha dato il via alla crescita non cambierà la sua matrice nel corso del tempo. Se amore era, amore rimarrà. Se invece all’inizio era simpatia con un decolté da concorso o un affabile uomo d’affari, nel momento in cui la curva di entusiasmo subirà una flessione, rimarrà un decolté simpatico e un uomo indaffarato amichevole.
Mi aggrappo a tutte queste considerazioni quando guardo sconsolata la mia personale statistica che mi vede in quella odiosa apparente forma di immobilità bridgistica che tanto mi urta.
Temo e detesto il momento di stasi dove ci si sente impantanati e per questo i tuoi obiettivi sembrano irraggiungibili. È il momento in cui volendo vivere al meglio il presente, quest’ultimo non mi piace.
Ci si trova in un impasse appunto, in un vicolo cieco, dove tutto il tuo presente urla noia!
Ma il bridge e la sua religione ha sempre una risposta e quando non l’ha, può permettersi di crearla dal nulla.
Così impasse non ha più il significato francese che tutti conosciamo; fare l’impasse nel bridge equivale a dire “sorpasso”.
Se questo non é geniale.
La fede in qualcosa non la si può misurare finché non viene messa davvero alla prova. Vediamo quindi se i miei vaneggiamenti sulle similitudini del bridge e la vita dimostrano ancora una volta la mia devozione.
Credo che se fosse possibile, il mio maestro se lo tatuerebbe in fronte che: l’impasse nel bridge è l’ultima cosa da fare. È la manovra a cui si ricorre quando tutte le altre possibilità sono state scartate. Consiste nella speranza che una determinata carta sia in una posizione favorevole in mano agli avversari e ci consenta così di promuoverne una in mano nostra.
Un sorpasso diretto è quello che guadagna una presa senza perderne nessuna a seconda che la carta mancante sia piazzata dalla parte giusta. Per esempio:
♠ A Q |
N↑ S↓ |
♠ 7 2 |
Se Sud è in presa può muovere una carta piccola e, se Ovest sta basso, può giocare la Dama da Nord. Se il Re è in Ovest (vale a dire è piazzato), Nord-Sud otterranno due prese senza perderne alcuna.
https://it.wikipedia.org/wiki/Sorpasso_(bridge)#Sorpasso_diretto
Arrivati a questo punto, ho ripercorso e conseguentemente capito che, quello che sto vivendo nel bridge, ha una spiegazione abbastanza comune e semplice.
Dopo aver verificato la sorgente e la natura del mio interesse per questo gioco, applicherò tutte le regole di biologia, fisica e psicologia che mi aiuteranno a rivelare i miei stati d’animo.
Tenterò poi un “sorpasso” nella speranza di trovare le “carte” sul tavolo disposte a mio favore. Ancora non è però il momento di compiere questo azzardo. Prima devo appurare tante altre possibilità che ancora non ho tentato, per escludere di non aver tralasciato opportunità importanti, che mi permettano di cavalcare l’onda ancora per un po’.
Se avessi conosciuto prima il bridge, chissà quante curve esponenziali avrei raddrizzato e quante lune avrei raggiunto, semplicemente trasformando un impasse, da vicolo cieco a sorpasso.
L’ora della resa non è ancora giunta.
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