
“Se avessi voluto essere capita da un uomo.. nascevo in fuorigioco”
Anonimo
È risaputo e si presta ad innocenti battute, l’avversione delle donne a capire il fuorigioco nel calcio.
Incredibilmente quando mio padre me lo spiegò una domenica d’inverno durante “90° minuto”, io lo capii al volo e da allora mi fu sempre molto chiaro.
Quando ai tavoli da bridge per la prima volta mi sono sentita dire: -Sei andata in fuorigioco.- non ho capito. Non vedevo nessuna attinenza con il calcio.
Non è servita nemmeno la seconda e terza volta, ho continuato ad andare fuorigioco ogni volta che si presentavano le condizioni per cascarci, così adesso capisco le donne che vengono canzonate sulla situazione calcistica. Prima di afferrarne la dinamica, mi sono ritrovata spesso con parecchie prese in meno e tanti 0% in più.
È il momento allora di capire bene come cautelarsi da questo maledetto fuorigioco, che così spesso mi ha messo al tappeto sia ai tavoli ma anche nelle cose del mondo; essere estromessi da un’attività in cui siamo coinvolti, risulta odioso e talvolta umiliante.
Quello che ho capito nel bridge è che perdere il controllo delle atout, trovandosi a seguito di scelte sbagliate, nell’infausta situazione in cui la difesa possiede più briscole del giocante, ti lascia in balìa degli avversari, che inesorabilmente, ti costringeranno a giocare ciò che li agevola maggiormente, governando la partita senza che tu possa opporre una qualsivoglia resistenza.
Un po’ come nei film quando spari all’impazzata e rimani con un solo colpo in canna mentre tutti gli altri hanno il caricatore pieno. Se non ti chiami Calamity Jane, difficilmente porterai a casa la pelle..
Detesto essere remissiva, posso essere passiva nella vita solo per scelta, quando ho piacere di cedere la guida per mia volontà e mai perché obbligata da un’imposizione. Piuttosto di piegarmi ad un sopruso, faccio Harakiri come i samurai.
Capita che mi si contesti un’eccessiva mania di controllo. Ho sempre rigettato l’accusa, invocando a mia difesa, una predisposizione ad organizzare la mia vita nel modo che ritengo più giusto. Diritto che rivendico senza spazio di contrattazione.
Sono in grado di fronteggiare gli imprevisti, ma è molto più sicuro coordinare con anticipo, dove possibile, le nostre azioni. Questo non ha niente a che vedere con il realizzarsi delle previsioni e speranze, anzi è più frequente che vadano in tutt’altra direzione. Infatti è proprio in questi casi che si va in fuorigioco e dove non bisogna farsi prendere dalla fretta di rimediare, riorganizzandosi al meglio.
Non sarà un caso se nel bridge, prima di iniziare a muovere le carte, sia di fondamentale importanza fare un “piano di gioco”. Ovviamente può succedere che le carte siano disposte in modo differente da ciò che ci auguravamo; e sarà allora che dovremo avere una estrema lucidità e non rischiare di essere esclusi dai giochi per colpa della nostra avventatezza.
Fuorigioco e fuori controllo sono come quei fratelli antipatici che ci attaccavano le chewing gum nei capelli quando eravamo piccole; con cui dovevi convivere in classe, in colonia o in cortile, di cui non ti potevi liberare ma potevi solo imparare a prevenirne le mosse e tenerli d’occhio.
Mi correggeranno gli esperti se le mie conclusioni sono errate, ma credo che l’unico modo per non essere spinta al metaforico suicidio da fuorigioco, consista nel prendere atto che, quando le carte ci riservano spiacevoli sorprese, oltre ad imparare ad imprecare “dentro”, occorrerà utilizzare il massimo del discernimento per ripianificare tutta la smazzata, con pazienza e sangue freddo.
Per quel che mi riguarda, lascio liberi tutti di correre leggeri senza meta e con le chiappe al vento lungo prati verdeggianti e lussuriosi, augurandogli di cuore di non trovare mai nessun ostacolo o pericolo sul cammino. Personalmente da quando siamo stati sbattuti fuori dall’Eden, imparare a controllare con circospezione i dintorni e coordinare velocemente il da farsi, lo trovo più sicuro e sano.
La vita qui sulla terra è come il bridge e per non andare in fuorigioco e ritrovarci ad essere alla mercé di chi ha il potere di gestire la nostra partita, dobbiamo saper pilotare al meglio i nostri mezzi.
Non a caso, quando noi non abbiamo più controllo, qualcun altro invece lo sta esercitando benissimo, spesso anche su di noi.
Ultimamente mi capita raramente di andare in fuorigioco ai tavoli, appena mi accorgo che le cose non vanno come mi aspettavo cerco di respirare e di non lasciarmi prendere dal panico e di formulare, un nuovo piano, una nuova strategia. Funziona.
Deve filare anche quando, nel cercare di raggiungere gli obiettivi dei nostri programmi, veniamo colti di sorpresa nell’apprendere che qualcuno potrebbe avere più chance di noi. Prima di arrenderci e credere che ci sia un inevitabile destino che ci vede “domati”, dobbiamo avere fiducia nelle nostre capacità di gestione e lottare fino alla fine, per portare a casa ciò che desideriamo e che ci spetta.
Arrivati a questo punto, posso affermare di aver sviscerato abbastanza bene la questione. Ci saranno fortunatamente situazioni che ci permetteranno di non essere ossessivi nell’organizzare ogni passo, ma ci permetteranno di muoverci spensierati e fiduciosi senza troppe mappe o navigatori.
Rimane però vero che, mantenere il controllo delle situazioni esige un assetto perfetto e chi cerca di farci vacillare, probabilmente non è in grado di elaborare ottimi piani per se stesso, oppure ha un traguardo molto simile al nostro, che la nostra presenza può compromettere. Niente di meglio di aspettare un nostro passo falso per mandarci in fuorigioco e realizzare senza più sforzo i propri propositi.
L’ho affermato più volte: la vita è un gioco e non dovremmo mai rassegnarci ad esserne estromessi.
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